Pinki è libero di mangiare come vuole

È quasi ora di pranzo e Pinki adocchia una ciotola di cibo profumato. C’è qualcosa di invitante in questo piatto e Pinki lo vuole mangiare

Ci si tuffa proprio, lasciandosi trasportare dal gusto morbido e vorticoso. Ha finito…. ma forse non ancora.

Piano piano si stacca le stelline dal musetto: “Sono proprio carine…” – pensa

“…e anche deliziose!”

Credits to:

Carolina Pozzi per le illustrazioni (@pinkiilconi)

Sara Pedretti per la narrazione (@sara.narwain.teacher)

Nella sua prima comparsa per la rubrica “Pinki si nutre”, Pinki il coni ha a che fare con il mondo dell’alimentazione.

Più nel dettaglio, nelle vignette sopra illustrate, lo vediamo coinvolto in quello che, nei bambini, è un processo del tutto naturale e scevro da pregiudizi: il mangiare.

Alimentazione nell’adulto

Il tema dell’alimentazione rappresenta, per molti adulti, un argomento spinoso e ostile. La schiavitù dagli schemi nutrizionali, dagli alimenti considerati nemici e le sovrastrutture che fanno da giudici morali al processo alimentare, rendono spesso il pasto un momento conflittuale.

Questa impalcatura fatta di idee e pregiudizi guida il nostro comportamento ed il modo in cui ci poniamo nei confronti di tutta la gamma di gestualità che compone l’intero atto del mangiare, dalla scelta del cibo al supermercato fino alla masticazione.

Ci lasciamo spesso guidare da ciò che il nostro cervello incasella nella nostra idea di “adeguato” senza realmente ascoltare cosa sentiamo e desideriamo profondamente. Nel momento in cui ci sediamo a tavola facciamo spesso una distinzione tra i pasti che possiamo goderci (es: oggi è sabato e mi posso concedere e godere una bella pizza) ed i pasti in cui riteniamo più giusto dedicarci quasi esclusivamente al bagaglio energetico che ci servirà per affrontare la giornata (es: mi mangio un’insalata perché tanto passerò la giornata seduto/a alla scrivania). La risultante è una fatica nel coniugare questi due aspetti all’interno dello stesso pasto, sperimentando così quell’insoddisfazione che spesso ci spinge verso quel desiderio di qualcosa di sfizioso (dopo l’insalata) o qualcosa di sano (dopo la pizza) che vada a sancire la fine del nostro lauto pasto.

Alimentazione nell’infanzia

Durante l’infanzia questo processo non viene guidato dalla stessa tipologia di schemi. Quando nasciamo non veniamo al mondo con le sovrastrutture sopracitate ma anzi il nostro comportamento verso il cibo viene guidato unicamente ed esclusivamente dalla spinta alla sopravvivenza. Solo con lo svezzamento impareremo poi ad inserire all’interno dell’esperienza alimentare la parola “gusto”.

Saranno poi gli adulti a trasmettere, tramite il linguaggio verbale e non, lo slancio e/o la reticenza di un/a bambino/a verso un cibo o un altro. A questo si aggiungerà la componente personologica individuale che guiderà la sua apertura o chiusura verso la sperimentazione di cibi nuovi e sconosciuti.

Libertà di scelta

La grande ricchezza che possediamo durante l’infanzia risiede proprio nell’assenza di una forte componente neocorticale che eserciti il suo controllo sulle spinte pulsionali e sui desideri (tema affrontato nell’articolo sull’intelligenza emotiva, clicca qui per approfondire), lasciandoci così liberi di orientare il nostro comportamento verso ciò che desideriamo profondamente.

Quante volte abbiamo pensato “vorrei tornare a mangiare con la stessa leggerezza con cui lo facevo da bambino/a”, tessendo però un filo diretto tra questa leggerezza di pensiero ed il fatto che non dovessimo preoccuparci dell’apporto calorico (credenza errata: “i bambini hanno bisogno di più energie degli adulti”).

Quella leggerezza a cui facciamo riferimento non derivava dal fatto che non ci dovessimo preoccupare dell’aspetto nutrizionale del cibo ma dal fatto che non eravamo ancora schiavi di quegli schemi mentali che oggi ci controllano e che guidano quasi sempre le nostre scelte alimentari.

Pinki, nel tuffarsi nel piatto “lasciandosi trasportare dal gusto morbido e vorticoso” ci permette di calarci in quella sensazione che si prova quando si è bambini, in cui la relazione con il cibo è del tutto neutrale e direzionata verso i bisogni primari di nutrizione e di appagamento.

Insegnare l’ascolto

Questa straordinaria abilità che possediamo alla nascita di orientare le nostre azioni e le nostre scelte verso ciò di cui abbiamo bisogno e verso ciò che desideriamo possono essere mantenute e sostenute grazie ad un atteggiamento rispettoso delle spinte che il/la bambino/a mostra nel momento in cui mangia. La capacità intrinseca dell’essere umano di orientare sia la componente attentiva che quella psicomotoria verso il raggiungimento dell’oggetto desiderato sono fortemente espresse nei primi anni di vita e facilmente osservabili se si lascia al/la bambino/a libertà di movimento e di comunicazione.

Il rapporto diretto con il cibo, sia in termini di scelta che in termini di manipolazione, permette lo sviluppo di una connessione diretta tra la componente cognitiva e quella del sistema limbico (emozioni), andando a fortificare la consapevolezza che il/la bambino/a ha di sé stesso/a e di ciò che sente.

Super potere

Il potenziamento delle abilità di auto-ascolto in età infantile andrà a stabilizzare e fortificare la capacità del futuro adulto di saper interpretare e codificare ciò che il proprio corpo sta tentando di comunicare. Grazie a questo “super-potere” non vi sarà la necessità di impostare/calibrare la propria alimentazione servendosi di diete o di “imparare a mangiare” nel rispetto e nell’ottica della cosiddetta “alimentazione sana”. Il corpo, in quanto organismo dotato di capacità omeostatica, è perfettamente in grado di auto-gestirsi, auto-orientarsi e di saper scegliere di cosa ha bisogno senza andare necessariamente incontro a fenomeni di eccesso.  

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